Non esistono più le mezze misure: la storia della Paziente X

Questo articolo, questo stralcio di blog, è scritto cosi, di  getto, come viene viene insomma.

Non esistono più le mezze misure”. Si non esistono, o tutto o nulla, o perfetto o un danno. Mi è sempre più indispensabile spiegare quotidianamente ai pazienti in studio, ai pazienti a casa durante le nostre chiacchierate telefoniche e al pubblico in ogni evento a cui prendo parte che CAMBIARE è uno stile di vita, è un non arrendersi, è un non vedere tutto in salita ma constatare che, se si riesce a visualizzare il quadro generale, il nostro percorso in realtà è pieno di discese, di scivoli divertenti, di strepitosi paesaggi da ammirare durante l’attraversata.

Durante gli incontri con la gente, ogni qual volta un paziente mi chiama per comunicarmi la disdetta di un appuntamento e la sua inevitabile “resa” mi incavolo di brutto, non tanto per l’incontro mancato, ma per non aver potuto capire prima in che modo preparare la persona al percorso che l’aspetta e all’inevitabile caduta.

Cerco di essere sempre il più rassicurante possibile. Chiaro e deciso ma rassicurante, dando proprio per assodato che il processo di cambiamento non può essere un tutto o niente, ma che esso sia ricco di insuccessi, di cadute. Sottolineando che non è fondamentale che la bilancia abbassi di segno, che non serve un “non ho mai mangiato la pizza in questo periodo dottore”, ma quanto sia più importante assimilare, prendere atto dell’idea di cambiamento.

Ho avuto una paziente (x), ultimamente, che durante il nostro primo colloquio si è dimostrata fortemente motivata, determinata al raggiungimento di uno scopo e in un primo momento mi aveva totalmente conquistato. Mentre procedevo ad effettuare la visita fisica con il consueto scambio di chiacchiere, ho capito che la determinazione, la motivazione che la paziente(x) metteva nell’iniziare un nuovo percorso era data soprattutto dalla voglia di evadere da una realtà familiare che la opprimeva, la spremeva come un limone, era data dalla ricerca di sé stessa e dalla voglia di libertà perduta durante lo scorrere degli anni. La paziente aveva bisogno di cambiare, di cambiare SUBITO. Ho capito, appena lei è uscita dallo studio, che arei dovuto starle accanto in maniera particolare e provare a intavolare un percorso il meno stressante possibile, per non diventare io stesso un ulteriore “peso” da cui scappare.

La paziente (x) mi ha scritto un SMS tre settimane dopo l’inizio del percorso, triste e demotivata, “Dottor Mereu ho perso solo 3,5 kg, sono un po’ scoraggiata”.

La paziente (x) dopo un’ulteriore settimana ha mollato il mio programma con un SMS: “Buongiorno Dottore, le comunico che ho mollato la dieta, sono stati giorni difficili, e non ho avuto controllo sul cibo, la ringrazio la chiamerò in futuro”.

 

Perché ho deciso di raccontare questa storia? la storia di un mio insuccesso per altro.

Sono alla ricerca di strumenti comunicativi più incisivi, più chiari, e credo che l’esperienza altrui possa insegnarci tanto, darci l’esempio, possa proiettare le nostre intenzioni future filtrate da quelle altrui e modificarle, migliorarle magari.

La paziente in questione è venuta da me per cambiare stile di vita, per perdere peso, per mangiare meglio, ma è venuta da me soprattutto per evadere da un susseguirsi di problematiche private riponendo tutte le sue energie, le sue speranze, su quel fantastico numeretto che appare salendo sulla bilancia. Ecco se si parte in questo modo il fallimento è dietro l’angolo.

Chi intraprende un percorso di questo tipo vuole migliorarsi, viene da me o da un collega per essere spronato a raggiungere un obbiettivo, ma deve essere chiaro che non esistono parallelismi fra una perdita di peso, una ricomposizione corporea, un rimodellamento fisico e la stima di sé stessi.

L’errore della paziente (x) è stato quello di utilizzare la buona motivazione iniziale per sovraccaricare di aspettative il suo percorso, la sua rinascita fisica, e si sa, là dove si sovraccarica la speranza, si rischia di ottenere delle scottanti delusioni che ci fanno mandare tutto in caciara diminuendo ancor di più la stima di noi stessi, per l’inaspettato fallimento.

Credo fortemente che il trucco del successo stia nell’accettare l’insuccesso, di accettare il fallimento. Di prendere atto di un lavoro complesso, delle difficoltà che il percorso possa avere e di spingersi ogni giorno un po’ più in là, verso l’obbiettivo finale. Trovo estremamente interessante chi viene da me, ad un controllo, ammettendo con amabile sincerità di aver sgarrato qualche volta, di aver preso le mie direttive cercando di farle diventare delle linee guida, una sorta di mappa per trovare la destinazione finale, chi ammette il fallimento, e da esso ne trae la forza per un ulteriore spinta a proseguire la strada.

Se la vita ci pone davanti ad una fase di “ristagno” dobbiamo cambiare, dobbiamo accettare l’idea di ritrovare una nostra collocazione in essa per innumerevoli ragioni, ma nel farlo, dobbiamo accettare l’aspetto più inquietante: FALLIRE.
Fa sì che iniziare un nuovo percorso, in questo caso di cambiare stile di vita, sia solo un pezzo del puzzle di te stesso/a e che, per quanti tentativi ancora farai, il maledetto pezzo mancante è lì davanti a te e prima o poi si incastrerà perfettamente.